La
prima metà del XX secolo può essere definita il periodo in cui il
cemento armato si afferma e la seconda metà, con la ricostruzione
post bellica, quella di maggiore fulgore, nella quale le
realizzazioni diventano innumerevoli. Proprio nella seconda metà del
secolo scorso emerge la necessità di armonizzare le varie normative
europee, spesso contrastanti fra di loro. Nasce, così, nel 1953 il
CEB (Co-mité Européen du Béton) aperto non solo agli studiosi, ma
anche a quanti concretamente operavano nel settore: costruttori e
progettisti. Coevo al CEB è il FIP (Fédération Internazionale de la
Précontrainte). Da tali lodevoli iniziative è nato, più recentemente
(1990), il tentativo, da parte della Comunità Europea, di unificare
e armonizzare, con gli Eurocodici, le norme tecniche dei vari Stati
membri, relativamente al progetto di costruzioni ed opere di
ingegneria civile. Attualmente, gli Eurocodici sono 8. Per quanto è
argomento di questo libro, interessa l’Eurocodice n. 2
(Progettazione delle strutture di calcestruzzo), che rappresenta lo
strumento normativo più valido e moderno. Il metodo di calcolo
tradizionale quello che si basa sul coefficiente di omogeneizzazione
n ha resistito per circa mezzo secolo agli attacchi mossi da
metodi più moderni. L’Ordinanza 3274 del 20 Marzo 2003 ne ha segnato
la fine. La nuova normativa sismica non sancisce solamente
l’abbandono del MTA (metodo delle tensioni ammissibili) in favore
del MSL (metodo di verifica agli stati limite), ma estende la
zonizzazione sismica a tutto il territorio nazionale, impone una
maggiore attenzione verso una corretta modellazione strutturale e
apre verso analisi di tipo non lineare. La teoria classica del
cemento armato ordinario si fonda su alcune ipotesi semplificative,
che consentono l’estensione, al caso del c.a., dei risultati della
teoria del De Saint Venant e che, pur nella loro drasticità,
risultano accettabili, giacché non si registrano grossi
inconvenienti quando i risultati che ne conseguono si confrontano
con quelli sperimentali. Tali ipotesi semplificative sono quattro.
Il calcestruzzo segue la legge di Hooke; cioè il legame
tensioni-deformazioni è rappresentato da una funzione lineare. Vale
il principio di Bernoulli-Navier, cioè le sezioni rette della trave
restano, a deformazione avvenuta, piane: le deformazioni delle fibre
sono proporzionali alle loro distanze dall’asse neutro. Il
calcestruzzo è incapace di assorbire sforzi di trazione. Si ha
perfetta aderenza acciaio-calcestruzzo. Il metodo delle tensioni
ammissibili consiste nel determinare gli effetti, su una struttura
assegnata, delle azioni esterne, in un’ipotesi idealizzata: quella
dell’elasticità indefinita dei materiali. Si procede così: si
definisce la situazione più sfavorevole per quant’attiene le azioni
esterne, si cercano i punti della struttura maggiormente sollecitati
e si confrontano le tensioni ivi agenti con quelle ammissibili dei
materiali adottati. In altre parole, considerati agenti sulla
struttura i carichi di esercizio, ci accertiamo che le tensioni
massime non siano maggiori di un’aliquota della resistenza dei
materiali.
Il metodo semiprobabilistico agli stati limite rappresenta
l’estensione al caso del cemento armato di quanto era stato studiato
pensando all’acciaio, a un materiale, cioè, decisamen-te duttile.
Che differenza esiste tra la curva d’interazione di una sezione in
acciaio e quella di una sezione in cemento armato? Dal punto di
vista concettuale non c’è alcuna differenza, essendo, in entrambi i
casi, una curva i cui punti giacenti su un piano riferito a un
sistema di assi cartesiani N-M hanno, come ascissa e ordinata,
il valore dello sforzo normale e del momento flettente che, insieme,
provocano la rottura della sezione (ovviamente i punti
d’intersezione tra tale curva e gli assi cartesiani forniscono quei
valori di N e di M, che questa volta da soli determinano
la crisi della sezione). È chiaro che una sezione in acciaio è ben
diversa da una in c.a., ma, per tracciarne la curva limite, il
ragionamento è lo stesso.
I metodi di calcolo fondati sugli stati limite, consistono nel
controllare che il carico di esercizio amplificato in base al
coefficiente di sicurezza risulti non maggiore del carico ultimo. Se
si parte da specificati valori dei carichi e delle resistenze dei
materiali, si ha un approccio “deterministico”; graduando, invece, i
coefficienti di sicurezza con criteri statistici, si ha un approccio
“probabilistico”.
Si potrebbe operare una distinzione tra calcolo a rottura e metodo
semiprobabilistico agli stati limite. Il primo consiste
nell’accertarsi che le sollecitazioni di esercizio siano non
superiori a quelle di rottura divise per un certo coefficiente di
sicurezza. Col metodo semiprobabilistico agli stati limite si scinde
l’unico coefficiente di sicurezza usato sia nel metodo n, sia
nel calcolo a rottura in più coefficienti di sicurezza, alcuni
applicati alle resistenze dei materiali, altri ai carichi. Ciò allo
scopo di tenere conto della reale probabilità di crisi della
struttura, di valutare la sicurezza effettiva in maniera più
equilibrata, più opportuna, specialmente allorché carichi e tensioni
non sono correlati linearmente. Col metodo semiprobabilistico, vi è
l’assunzione di leggi costitutive (per il calcestruzzo e per
l’acciaio) che non sono limitate alla retta di Hooke, ma che tendono
ad avvicinarsi all’evidenza sperimentale. Ciò getta a mare molte
“certezze” della Scienza delle Costruzioni classica; ad esempio:
l’asse neutro, nella flessione semplice retta non è più baricentrico
della sezione reagente e il centro di pressione e l’asse neutro non
sono più coniugati nell’antipolarità definita dall’ellisse centrale
d’inerzia della sezione. |